La nostra amica quercia: da albero divino a pratico sottobicchiere.

Siamo nel triangolo industriale dell’alta Gallura, nella Capitale italiana del Sughero. Qui una presenza incombe su Calangianus. Si tratta solo dell’imponente sagoma del Sugherificio Malgadda, o dell’ancora più ingombrante ricordo dell’industria del sughero, assediata dall’estero e dai polimeri? Tutto parte dalla volontà imprenditoriale della famiglia gallurese dei Tamponi, conosciuta anche col soprannome di Malgadda, definita una dinastia del sughero.

Nato nel 1934 come Sugherificio Giovanni Agostino Tamponi (anche solo Sugherificio G. A. Tamponi o Sugherificio Tamponi) con continui ampliamenti nel 1939 e nel 1954, fino a diventare per vent’anni la più grande fabbrica italiana di sughero. Fino a duecento dipendenti di cui metà donne distribuiti su quattro piani per 7000 metri quadrati di stabilimento, quasi un monumento industriale fra le foreste e i graniti della Gallura. Filiali e succursali in tutto il paese, da Napoli a Verona. Ma poi, il fuoco: crudelmente la stessa piaga delle querce da sughero. Due incendi nel 1968 e nel 1988, quest’ultimo durante una bufera di neve, devastano ripetutamente la fabbrica, che viene a più riprese ricostruita. Ma nel 2005 non resta che gettare la spugna con l’arrivo della cassa integrazione.

Oggi vediamo un abbandono che forse non sopporta più la solitudine e commette l’impoderabile: cerca di aprirsi al mondo proiettando entusiasta il suo muro di cinta in granito sulla sottostante strada. Fuga però effimera, subito ostata dai guardiani della proprietà privata e della circolazione pubblica: la situazione è sotto controllo.

Dove si trova: fra il viale Cimitero e via Europa Unita a Calangianus (SS). Google Maps.