Una casa che appare e scompare, uno scrigno di segreti sotto il lago Omodeo

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Casa sommersa, lago Omodeo,
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Il lago Omodeo è uno scrigno che sotto l’acqua nasconde vari tesori: tombe di giganti, domus de janas, un insediamento prenuragico, una foresta tropicale fossile con alberi di 20 milioni di anni, ossa di animali estinti, i resti di un paese ricostruito altrove e anche una casa a due piani che appare e scompare a seconda del livello dell’acqua. Sembra che questo edificio non voglia abbandonare del tutto la superficie, anche se il suo tempo è passato da un pezzo ed è legato alla storia della vecchia diga di Santa Chiara. Che comincia circa un secolo fa.

Nel 1917 iniziano i lavori che porteranno alla realizzazione di quello che per decenni sarà considerato il più grande lago artificiale d’Europa. La progettazione è affidata all’ingegnere Angelo Omodeo, colui che darà il nome al lago, e la costruzione all’ing. Giulio Dolcetta. Noi forse avremmo preferito Lago Dolcetta, ma non facciamo polemiche. Comunque nel vicino villaggio di Santa Chiara c’erano sia via Omodeo sia piazza Dolcetta, quindi va bene così.

Lo scopo di questa importante opera era quello di produrre energia elettrica e di sfruttare le acque del fiume Tirso per l’irrigazione del Campidano. Ma prima di iniziare i lavori, c’era un problema da risolvere: Zuri, un piccolo borgo di circa venti case che si trovava a 88 metri sul livello del mare, mentre l’acqua del lago sarebbe arrivata a 105 metri. Fatti due calcoli, Zuri sarebbe annegato. Quindi, per evitare che Zuri diventasse la piccola Atlantide dell’Omodeo, ancora prima dell’inizio dei lavori ufficiali si procedette alla demolizione dell’abitato.

Ci volle quasi un mese per buttare giù le case (i cui resti, in parte, dovrebbero trovarsi ancora là sotto) per poi ricostruirle in una altura vicina, al sicuro, e qualche anno in più per risolvere un altro problema: la chiesetta romanica del 1291. Per quanto l’idea di una chiesa sommersa sia sempre suggestiva, si decide di smontarla e rimontarla mattone per mattone, un processo che si chiama anastilosi (qui una foto della chiesa prima e dopo), e oggi potete ammirarla all’entrata del piccolo borgo in tutta la sua integrità.

Risolto il problema Zuri, i lavori della Società Imprese Idrauliche ed Elettriche sul Tirso vanno avanti fino al 1923, e nell’aprile del 1924 ci fu l’inaugurazione ufficiale della diga con tanto di visita del Re.

DSCN9083A valle della diga venne costruita la centrale idroelettrica, e grazie ad essa Ulà Tirso fu il primo paese della Sardegna ad avere l’energia elettrica. All’epoca, e per molto tempo, l’Omodeo era il lago artificiale più grande d’Europa, come tutti i bambini sardi, per decenni, hanno imparato a memoria sui libri di scuola.

Ma arrivò per la vecchia diga il momento di andare in pensione: nel 1997 venne inaugurata la nuova diga, più alta e dal bacino più capiente, che comportò un innalzamento del livello dell’acqua. Così la valle venne sommersa e tutto, animali estinti, foresta tropicale, resti di Zuri, sparì per sempre sotto l’acqua. O quasi. Ogni tanto, quando il livello dell’acqua cala, viene fuori il passato: la foresta pietrificata, qualche nuraghe, pali della luce e anche quella che viene chiamata la casa del capocentrale o da alcuni “casa del custode”.

In realtà in questa casa erano ospitati il capocentrale, il vicecapo e le loro famiglie. Si trova proprio sotto la vecchia diga, di fronte al ponte che la sovrasta. Dall’alto gli automobilisti probabilmente non notano nulla, anche perché per buona parte dell’anno l’edificio è quasi del tutto coperto dall’acqua. Era una bella villa a due piani circondata da un giardino con un laghetto, un frutteto, delle palme e un banano. L’edificio era costituito da due appartamenti perfettamente simmetrici: al piano terra la cucina con camino, un salone, un piccolo soggiorno e uno stanzino dov’era posizionato il telefono (collegato con la centrale del Tirso); al secondo piano quattro camere da letto e il bagno, e sopra un sottotetto.

In questa casa nacquero due bambine: Antonia Tilocca, figlia dell’allora capocentrale Proto Tilocca, nata nel 1930 e Lucia Pisano, figlia del vice capocentrale, nel 1940. Facciamo i nomi perché possiamo mostrare anche i volti della famiglia Tilocca (grazie al figlio di Antonia, Ivan, che ringraziamo) in queste bellissime fotografie che documentano la vita alla diga in quel periodo e anche i danni provocati dai siluri che colpirono la diga nel 1941 (su tre due andarono a segno, uno si fermò per un guasto all’elica) e dalle bombe del 1943. Ebbene sì, alla diga si giocava anche a tennis!

Sul fronte opposto rispetto alla casa del capocentrale, più in alto e quindi non scomparsa sotto l’acqua, si trova un altro edificio, oggi decisamente vandalizzato, che in passato ospitava i carabinieri di Ulà Tirso e successivamente i custodi della diga. Dopo l’incidente del Vajont del 1963 le misure dei sicurezza nelle dighe aumentarono. I custodi della diga Santa Chiara facevano 3 turni da 8 ore per coprire l’intera giornata ed effettuare quotidianamente i controlli di sicurezza.

E’ anche per questo che ogni mattina alle 10 in tutte le zone a rischio (praticamente tutto l’Oristanese) suonavano le sirene usate in precedenza solo durante la Seconda Guerra Mondiale: era un test che aveva il significato di “è tutto OK”. Se le sirene avessero suonato in un altro orario avrebbe significato che era successo qualcosa alla diga e che i paesi vicini al Tirso andavano immediatamente evacuati. Sulla storia della diga e del suo inabissamento esiste un bel documentario di Franco Taviani, “Adiosu diga addio”, da non confondersi con il nostro Adiosu.

(per le foto con il drone grazie a G. T. Sergente)

Dove si trova: lago Omodeo, non lontano da lì c’è anche il villaggio di Santa Chiara, dove vivevano i dipendenti della Società Elettrica Sarda. Google Maps

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