Alle porte di Sassari, nella valle dell’abbandono

“Ga è drentu è drentu, ga è fora è fora!” (“Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori!”): così, ogni sera alle ore 20, gridava il guardiano delle vecchie mura che cingevano la città di Sassari, prima di chiudere le sue cinque porte isolandola per la notte dal resto del mondo, fino al mattino successivo.

È facile quindi immaginare che, dal Medioevo fino alla seconda metà del XIX secolo, epoca dell’abbattimento della cinta muraria, lo stato delle strade e dei trasporti non sempre permetteva a viandanti, commercianti e sassaresi residenti di giungere in città in tempo per questo annuncio. Col progressivo fiorire dei traffici e dell’importanza del capoluogo turritano, restare chiusi fuori da Sassari iniziò a diventare un bel problema.

E qui inizia la nostra storia: nella Valle del Rosello, a poca distanza dall’omonima fontana e dalla Porta Mercato, uno degli accessi alla città più frequentati, delle locande poste fra le attuali via Sorso e viale San Francesco sembravano venire incontro alle esigenze di faccendieri e ritardatari. Ospitando così dietro pagamento chi non intendeva passare la notte all’addiaccio nell’umidità che da sempre caratterizza l’Eba Giara, e potendo nel frattempo ammirare i bei frutteti vallivi del barone Domenico Giordano.

Coincidenza volle che fu proprio un altro locandiere, Tommaso Boarelli, tenutario dell’albergo Italia in piazza Azuni, a concepire e realizzare questa villa lungo la vecchia strada per Sorso. Costruita a fine Ottocento con grande arguzia, in una complessa tenuta che includeva frutteti e anche un terreno allora immondezzaio cittadino, portò grande sollievo alla municipalità, nonché decoro all’intera valle. Era dotata di tutte le comodità: tre piani, 340 metri quadri suddivisi tra zona padronale e servitù, affreschi, pavimenti robusti, grandi caminetti, soffitti a volta, fontana interna, cantine, stalle per i cavalli e ampio podere adiacente.

Nel 1932 venne realizzato il possente Ponte Rosello che slanciò sì la città nella sua espansione verso il mare, ma offuscò anche la villa che ormai si trovava sotto lo sguardo dei passanti. Nel dopoguerra fu quindi acquistata e abitata per alcuni decenni dalla famiglia Pusino, i cui discendenti sono tuttora proprietari in attesa di una riqualificazione che sembra non arrivare mai.

Per lungo tempo ostaggio di ladri (12 furti in altrettanti anni) e in posizione tragicamente privilegiata per i frequenti suicidi che si susseguono ancora oggi dal sovrastante ponte Rosello, la villa è stata abbandonata, murata con i suoi ricordi ed esclusa forse per sempre dal mondo esterno. Tutto intorno, un tappeto di siringhe insidia i rarissimi passanti che si avventurano per le vecchie scale di via Palmaera, anch’esse faticosamente costruite a suo tempo col contributo dei proprietari.

Ormai dimenticata e decadente nonostante la solidità della costruzione, villa Pusino resta invisibile mentre in alto il traffico del ponte Rosello scorre da e verso Sassari città aperta. Proprio il ponte, deviando e sopraelevando il transito, ha contribuito a far precipitare la villa nell’oblio e nell’oscurità, mantenendola all’ombra dei suoi piloni anche alla luce del giorno, come nell’inquietante L’empire des lumières di René Magritte.

(si ringrazia A. Ponzeletti per la consulenza)

Dove si trova: in via Palmaera, sotto il ponte Rosello, a Sassari (SS). Google Maps