Da Cossoine a Brooklyn: la storia di un caseificio d’oltreoceano

Meilogu: terra di mezzo, luogo antico, vulcanico, geologicamente primordiale. Una regione poco popolata, un piccolo buco nero nelle immagini satellitari notturne e uno spazio bianco sulla mappa di Sardegna Abbandonata.

In questo deserto di campagne e coni vulcanici si sviluppa una secolare tradizione agropastorale riflessa nella tipologia dei suoi pochi abbandoni: principalmente caseifici, capannoni agricoli o casupole rurali, spesso ridotti a ruderi devastati e irriconoscibili, ma talora meritevoli di interesse storico.

È il caso di Cossoine, dove si trova il vecchio caseificio dei fratelli Caria, che accoglie abitanti e forestieri all’ingresso del paese. Costruito nei primissimi decenni del XX secolo da una nota famiglia di facoltosi industriali caseari locali, proseguì l’attività fino agli anni ’70.

Adiacente all’omonima casa padronale, il suo interno conserva ancora casse, botti, attrezzi da lavoro e tracce di attività ora sommerse da polvere e rovi. L’edificio posteriore, sul cortile interno, ospita gli scaffali per la stagionatura dei formaggi.

Osservando le sue rovine, si stenta a credere che il caseificio fu il centro di un minuscolo impero economico da cui, in scala ancora minore rispetto ai più potenti colleghi di Macomer, si coordinavano esportazioni di pecorino fino agli Stati Uniti.

Da Cossoine a Brooklyn non è dunque la parodia provinciale di un bel poliziottesco anni ’70, ma la fotografia di una piccola e inaspettata realtà industriale oggi dimenticata.

Dove si trova: provenendo dalla Strada Statale 131 Carlo Felice all’ingresso di Cossoine (SS). Google Maps

 

        

                  


 

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